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Le ragazze dei capelloni: quelle adolescenti spregiudicate e inquiete incarnate da Catherine Spaak ne I dolci inganni, La voglia matta e Diciottenni al sole, quelle ragazzine di buona famiglia che accorciavano la gonna appena fuori di casa e inseguivano sfacciatamente i maschietti fino ai gabinetti, dentro quella zona franca che divenne il Piper Club. Soprattutto, quelle icone che fecero piazza pulita delle convenzioni e imposero all’Italia un nuovo, fiammante ideale di femminilità. Via i capelli cotonati e i golfini di lana, e giù sotto con il mascara e l’eye-liner, gli stivaloni col tacco e le mini vertiginose. Via le Nilla Pizzi e le Orietta Berti, largo alle Patty Pravo e alle Sylvie Vartan: non più mamme rassicuranti, mogli devote e casalinghe perfette, ma femmine pericolose, cariche di ormoni ed esplicitamente disponibili. L’Italia della musica beat e yé-yé coincide con lo tsunami della prima rivoluzione sessuale di massa del nostro Paese.