Vien di notte l’uomo nero – Il cinema di Stephen King

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L’uomo nero, la parte in ombra della personalità umana, è uno degli elementi chiave degli ultimi vent’anni di uno dei generi forti del cinema americano: l’horror. A ripercorrere repertori e filmografie, ci accorgiamo ben presto che alla base del grande successo riscosso da questo genere nel corso di tutti gli anni ottanta – nel decennio più recente ha invece subito una considerevole flessione – c’è, in prima fila, il mondo di Stephen King, i suoi libri, il suo immaginario, i suoi personaggi, il suo particolare modo di raccontare, di concentrarsi sui particolari, smembrando i corpi, rivelandoli, sbattendoli in faccia allo spettatore. Ancora a King e alla sua prerogativa di mostrare le cose fino in fondo, si deve, almeno in parte, quella consapevolezza esorcizzante nei confronti del corpo e della sessualità, da una parte, e della morte, dall’altra, che sembra segnare le nuove generazioni di giovani, la loro sincera spavalderia nei confronti di coloro che si prendono troppo sul serio, che sono eccessivamente formali o asettici. Il volume di Arona, corredato di utili filmografie e bibliografie, si concentra soprattutto sui personaggi nati dalla penna di King, e si sofferma su quelle che spesso vengono reputate infelici trasposizioni cinematografiche, cercando di indagare sulle affinità tra i vari registi di turno chiamati a mettere in scena i suoi soggetti e l’opera dello scrittore stesso, e svelandone spesso equivoci e tradimenti.

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