1965: non si è ancora spento lo scandalo del documentario Mondo cane, quando uno dei suoi registi, Paolo Cavara, decide di riflettere su quell’esperienza controversa. Per mostrare il cinismo di un reporter che viaggia in luoghi esotici alla ricerca dell’orrido, con l’alibi di mostrare la realtà. E per denunciare il potere inquietante e pericoloso della macchina da presa. Ne esce un film, L’occhio selvaggio (1967), interpretato da Philippe Leroy e Delia Boccardo, alla cui sceneggiatura Cavara chiama a collaborare due grandi nomi della cultura italiana: di Tonino Guerra sono le invenzioni più surreali e le intuizioni più poetiche; ad Alberto Moravia, grande viaggiatore, si devono le riflessioni più spietate sul sadismo dell’incombente società dello spettacolo.
A quasi cinquant’anni dall’uscita del film, questo volume a cura di Alberto Pezzotta offre per la prima volta ai lettori un documento straordinario e finora dimenticato. In appendice, saggi, testimonianze inedite, e il trattamento originario scritto da Cavara con altri due maestri della scrittura per il cinema: Fabio Carpi e Ugo Pirro.
320 pagine.