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Georges Méliès è stato, come molti sanno, il creatore dello spettacolo cinematografico. Ma anche, consapevolmente, l’inventore del cinema come sogno; e, meno consapevolmente, il suo primo poeta. Inoltre, benché raramente lo si sia rilevato, fu un maestro del comico: se lo scopo primario dei suoi film era stupire il pubblico, ciò avveniva perlopiù facendolo divertire. Di certo non costruì soltanto effetti speciali, ma come Borges e Kafka un proprio universo con le sue regole, una sua logica, una sua poetica. Soltanto Fellini, nella storia del cinema, saprà costruirne uno altrettanto unico e inconfondibile. Partendo da queste premesse il libro – il più vasto e completo sull’argomento – inserisce Méliès nella società e nel cinema francesi dell’epoca, individuando parentele e differenze con gli autori (da Segundo de Chomón a Ferdinand Zecca, da Alice Guy a Émile Cohl) che lo copiarono e talvolta furono copiati da lui. Ma racconta anche il cinema più esplicitamente comico fiorito in Francia in quegli anni (da Roméo Bosetti a Jean Durand, da André Deed a Max Linder); e come sia il cinema fantastico che quello comico furono spazzati via in Europa dalla Grande Guerra. Così, come per una magia di Méliès, l’esame critico approfondito di tutti i film sopravvissuti del maestro diventa un viaggio appassionato e appassionante in un mondo di fate, diavoli, esperimenti, bizzarrie, illusioni, mostri, guerre, amori e magie. Compresa quella più grande di tutte, che fu chiamata cinema.
482 pagine. Prefazione di Maurizio Nichetti