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Uscita nel 1818 dalla penna della ventenne Mary Shelley, la storia di Frankenstein e dei suoi esperimenti ha attraversato quasi due secoli, conservando intatta la sua presa sul pubblico. Da allora ha percorso vie diverse: dalla carta al grande schermo che ne ha fissato l’iconografia rendendolo un classico. Attraverso il cinema, il Novecento ha adottato le vicende del mostro infondendo lo spirito di un’epoca moderna e in evoluzione. Nei Frankenstein hollywoodiani si riflettono i cambiamenti di un secolo cruciale che dallo sguardo solenne dei primi film approda a quello dissacrante e memorabile di Mel Brooks. Il libro si arricchisce di frequenti incursioni nella storia della settima arte, che con la prima trasposizione cinematografica di James Whale, sancisce il trionfo del genere horror. Con il sostegno di un interessante apparato iconografico, l’autore ripercorre le tappe attraverso le quali la storia di Frankenstein si è impressa nella mente di tutti, prestandosi a letture nuove e adattamenti inediti, ma mantenendo sempre la capacità di muovere corde profonde. Cosa accomuna il successo del romanzo e dei film degli anni Trenta a quello delle rivisitazioni nostalgiche degli anni Settanta? La tragedia interiore della Creatura di Frankenstein è quel tanto di sentimentale e pop che induce all’identificazione gli ex bambini scacciati dal gruppo, le ragazze brutte, i nuovi venuti, i parenti poveri, fino alle minoranze etniche e religiose.